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BERLIN BERLIN
sei passeggiate nella nuova capitale tedesca
pubblicate per European Art Magazine http://www.eartmagazine.com

1 Per non dimenticare
2 Tra Parigi e Potsdam
3 Nel cuore ritrovato
4 Sotto la cupola di vetro
5 Da proletari a borghesi
6 Attraversando la città di terra e di acqua




3. NEL CUORE RITROVATO
di Andrea Bonavoglia


Prima del 1989 a Berlino Est si entrava o attraversando il Check-Point-Charlie, o scendendo alla fermata della metropolitana di Friedrichstrasse, l'unica consentita ai passeggeri occidentali. I tedeschi e i berlinesi della Repubblica Federale visitavano "l'altra parte", se la visitavano, soprattutto per motivi culturali, ad esempio comprare libri economici o visitare i grandi Musei storici; i turisti non erano molti in nessuno dei due settori e l'atmosfera complessiva era quella di un mondo periferico, che vive in silenzio la propria emarginazione.

La Groß-Berlin (Grande Berlino), denominazione amministrativa di un territorio urbano ed extra-urbano composto di molteplici distretti e municipalità, era nata nel 1920 e aveva una superficie immensa, tanto da renderla, dopo Los Angeles, la più estesa metropoli di quell'epoca. Quando fu divisa in quattro settori dagli Alleati, Berlino Est, la Ost-Berlin dominata dai sovietici e capitale della Repubblica Democratica, risultò quasi uguale come superficie, ma la metà come popolazione, rispetto a Berlino Ovest, la West-Berlin città-stato governata da un Senato autonomo nell'ambito della federazione tedesca e corrispondente all'unione dei tre settori francese, inglese e statunitense. La metropoli che aveva sfiorato i quattro milioni di abitanti ora ne contava pressappoco due ad occidente e uno a oriente.

Dopo la riunificazione, il piano politico ed economico fu, in sostanza, di portare a Est tutte le caratteristiche culturali, amministrative, strutturali e infrastrutturali che la Germania Federale, paese di punta della rinata Europa capitalista, aveva definito e perfezionato nel corso dei 44 anni della sua storia. Lo sforzo economico è stato ed è imponente, soprattutto in considerazione della situazione orientale che, per quanto non del tutto decadente, era ben lontana dagli standard occidentali in tutti i settori, compreso quello ecologico ed ambientale. Dal 1989 un enorme numero di fabbriche, valutate come inquinanti o obsolete, sono state chiuse o totalmente riconvertite e le strade, le linee di trasporto, le reti di servizio sono state sostituite o rimodernate. Le accuse di semplicismo, spesso rivolte a questa politica di annessione, sono probabilmente condizionate più da matrici politiche che da consistenti motivazioni tecniche e pratiche, ma ciò non ci autorizza a dare per scontato che la soluzione programmata e ormai realizzata sia stata quella giusta: allo stato dei fatti, quella soluzione è comunque l'unica di cui possiamo parlare.

La nuova architettura della vecchia Ost-Berlin è il simbolo di questa incredibile impresa di ricostruzione, ma se in quindici anni molto è stato fatto, moltissimo nonostante le apparenze è ancora da fare. I negozi scintillanti della Friedrichstrasse e dintorni, la pulizia omerica del Gendarmenmarkt, il restauro edilizio del quartiere di Prenzlauerberg sono tra gli aspetti più evidenti dell'intervento complessivo già ultimato. Negli ultimissimi anni si è poi assistito all'inizio dei lavori di ristrutturazione dell'Alexanderplatz, alla prosecuzione di quelli nell'Isola dei Musei e alla definizione di innumerevoli altri. Tuttavia, il Berliner Dom grigio e trasandato e, al suo fianco, il Palast der Republik scorticato e svuotato nel cuore di Berlin-Mitte rappresentano ancora, nel 2005, due tra le tante emergenze non risolte della capitale (vedi figura). E per chi voglia addentrarsi non solo nel centro, ma anche nella periferia della città perduta e ora ritrovata, ci sono mille aspetti sorprendenti e insoliti da scoprire, da vedere e da valutare.


Berlin-Mitte è il nome del quartiere, o municipio, che può essere identificato con il centro urbano. Comprendeva le principali emergenze storico-artistiche e i principali edifici culturali, ma nel periodo della separazione la politica comunista progressivamente snaturò la centralità dell'area tramite l'inserimento forzoso, al posto dei mille edifici distrutti dai bombardamenti, di enormi complessi residenziali alti e isolati, del tutto estranei al tessuto urbano precedente. Nel nome di una poco giustificabile trasformazione popolare del centro, i luoghi legati alla cultura aristocratica e borghese furono abbandonati a un degrado vergognoso, mentre edifici logorati dalla guerra ma ancora recuperabili, come lo Stadtschloss, residenza del Kaiser, furono abbattuti senza rimpianti; nel contesto, strade e piazze subivano la logica della ragione di Stato molto più della ragione del Gusto.

I restauri dapprima del Gendarmenmarkt, con i gioielli architettonici della Konzerthaus e delle chiese gemelle, quindi del quartiere di Nikolai, piccolo cuore dimenticato che improvvisamente ha restituito una identità medievale a una città in gran parte cresciuta nel XVIII e XIX secolo, ricollegano oggi pezzi della città secondo linee inevitabilmente e suggestivamente spezzate. Berlino dunque si propone ancora una volta come un mosaico urbano discontinuo e labirintico, ma allo stesso tempo imprevedibilmente riconoscibile, identificabile: la città riunita ha un'anima nonostante tutto.


Gendarmenmarkt
La piazza, o mercato, dei Gendarmi era stata per anni trattata come un magazzino all'aperto, mercato e deposito insieme, nello squallore della Konzerthaus logora e screpolata e delle due chiese ridotte a ruderi, il Französischer Dom (Duomo dei Francesi) e il Deutscher Dom (Duomo dei Tedeschi), quest'ultimo privo interamente della cupola. Sui fianchi della piazza, che si trova a due passi dalla Friedrichstrasse, ampi spazi vuoti lasciati dai bombardamenti.
Oggi il Markt è rinato: la sala da concerti è stata riportata non solo ad un aspetto normale ma anche alla sua funzione primaria, le due chiese ricostruite con tanto di cupola fotocopia, e edifici nuovi o rigenerati delimitano la piazza, proponendo svariate attività commerciali, dall'elegante sede dell'Hotel Hilton ai numerosi caffè, ai ristoranti di lusso, ai negozi di prestigio.

Il Französischer Dom risale all'inizio del Settecento e fu edificato ad opera degli ugonotti che avevano trovato rifugio nella capitale prussiana; alla fine dello stesso secolo fu modificato insieme al coevo Deutscher Dom da Carl Friedrich von Gontard, che trasformò le due basiliche in un'accoppiata vagamente ispirata alle chiese gemelle di Piazza del Popolo in Roma. Dopo gli imponenti restauri, sono state trasformate anche in musei e contengono sale espositive sulla loro storia.
La Konzerthaus fu costruita da Karl Friedrich Schinkel utilizzando le fondamenta del Teatro Nazionale e propone tutti gli stilemi neoclassici del maestro, come l'imponente ed elegante pronao di ingresso; la sala interna, ritornata allo sfarzo e al lusso di un tempo, è articolata su una struttura funzionale tanto per la musica quanto per lo spettacolo. Davanti al palazzo, quasi al centro della piazza, fu collocato a fine Ottocento un gruppo statuario dedicato a Friedrich von Schiller, il grande poeta tedesco di cui proprio nel 2005 ricorre il duecentesimo anniversario della morte.

Friedrichstrasse
La Friedrichstrasse, che ci piace immaginare dedicata non solo a Federico Primo di Prussia, ma anche a tutti gli altri innumerevoli Friedrich della storia berlinese, principi, poeti, artisti e uomini illustri, attraversa il cuore di Berlino partendo da Sud, dal quartiere di Kreuzberg, per arrivare a Nord oltre l'asse mediano dell'Unter den Linden. Sul suo percorso si trovavano sia il Check-Point-Charlie sia la fermata della U-Bahn, che consentivano, previ controlli non sempre formali, l'ingresso a Berlino Est; il primo è diventato un museo ed è circondato, come del resto tutta la strada, da palazzi nuovi di zecca firmati, tra gli altri, dall'ultranovantenne Philip Johnson (American Business Center) e dall'onnipresente berlinese Josef Paul Kleihues (Checkpont Arkaden), la seconda è stata pulita, rimodernata e dotata di un centro commerciale interno e di notevoli attrezzature di servizio all'esterno.

In realtà la Friedrichstrasse intera è diventata una vetrina dell'Occidente e oggi ospita le sedi di grandi catene commerciali, tra cui le Galeries Lafayette progettate in vetro e acciaio da Jean Nouvel (vedi figura), e di innumerevoli banche e ristoranti. Una passeggiata lungo questa rutilante avenue può, di fatto, ricordarci New York o Londra o Parigi e può dare ragione a chi parla di un eccessivo sfruttamento commerciale e/o consumistico delle nuove destinazioni berlinesi. Sono state realizzate opere dello studio americano Pei-Cobb-Freed, di Oswald M. Ungers e di molti altri architetti famosi, ma va sottolineato come le commissioni progettuali siano state spesso affidate per ogni isolato o blocco, in modo da ottenere una qualità omogenea e un preventivo coordinamento nelle scelte volumetriche dei singoli edifici.

Nikolaiviertel
Il quartiere di San Nicola rappresenta oggi una sorpresa per il visitatore che, schiacciato dalle dimensioni impressionanti di gran parte delle architetture della capitale, si trova davanti a vie e case di chiara impronta medievale. Il centro geometrico, storico e topografico della città è qui, nella piccola chiesa del XIII secolo, la più vecchia della città, ricostruita insieme a molti altri edifici, tra cui il settecentesco Ephraimpalais, oggi destinato ad esposizioni, grazie all'opera e agli studi in particolare di Günter Stahn, tra il 1979 e il 1987. 

Limitato e stretto, affacciato sulla Spree con una piazza decorata da una statua bronzea di San Giorgio, Nikolaiviertel completa nel modo più intimo e accogliente, quasi segreto, la struttura della città messa a soqquadro dai più incredibili sconvolgimenti politici e bellici. Stando alle testimonianze, ebbero casa qui personaggi illustri come Kleist, Ibsen, Casanova, Strindberg e Lessing, ma l'antica vitalità dell'ambiente culturale si può purtroppo soltanto immaginare. Le dimensioni del Rathaus, il palazzo municipale rosso e imponente, e della vicinissima sconfinata piazza-spianata di Alexanderplatz non toccano Nikolaiviertel, chiuso in se stesso e trasformato, dopo la ricostruzione quasi integrale degli edifici, in una piccola oasi di silenzio e quiete.


Alexanderplatz
La piazza cominciò a prendere forma tra Cinquecento e Seicento, quando Berlino, nata dall'unione dei due villaggi di Berlin e di Cölln, viveva la sua prima grande stagione sia di rapida ascesa politica sia di difficoltà legate alle guerre frequenti e distruttrici. Ochsenplatz, la piazza dei buoi, non era che uno slargo vicino alle fortificazioni, le prime mura a forma di stella di una Berlino che non esiste davvero più. Fu ribattezzata Alexanderplatz nel 1805 in onore della visita del grande alleato contro Napoleone, lo zar Alessandro, ma la sua crescita di importanza è dovuta all'insediamento della stazione ferroviaria e di un mercato, che ne fecero un primario centro commerciale e di transito. Decorata da popolari gruppi scultorei, all'inizio del Novecento la piazza accolse il gigantesco Centro Commerciale Tietz e negli anni Venti due edifici, in parte ancora esistenti, progettati da Peter Behrens; è proprio questa Alexanderplatz caotica e popolare a far da sfondo al celebre romanzo espressionista di Alfred Döblin. Con spirito moderno e razionalista l'area veniva suddivisa in aree separate per pedoni, mezzi pubblici e mezzi privati.
La guerra non lascia che macerie di tutto questo e la piazza, detta Alex dai berlinesi, si allarga negli spazi vuoti lasciati tutt'intorno, diventando, con i suoi 37 ettari di superficie, almeno cinque volte più grande dell'originale. Sui lati, il governo comunista farà costruire vari edifici direzionali chiamati Casa della Statistica, Casa dell'industria elettrica, Casa dei viaggi, Casa degli insegnanti e Palazzo dei Congressi, gli ultimi due proprio all'imbocco della grandiosa Stalin-Allee poi ribattezzata Karl-Marx-Allee, insieme ad edifici residenziali e commerciali, tra i quali finisce per perdersi l'unica architettura storica superstite, la gotica Marienkirche. Principale artefice di questi interventi fu l'architetto e urbanista Hermann Henselmann, interprete tecnicamente abilissimo degli ideali socialisti, tesi a portare il proletariato vicino al cuore della città, spostando quindi residenze popolari accanto a emergenze storiche e viceversa trasferendo gli insediamenti industriali dalle vecchie sacche della periferia storica verso una periferia più moderna. Le intenzioni erano forse lodevoli dal punto di vista sociologico, ma non trovarono soluzioni idonee, finendo per accostare in modo stridente tipologie estremamamente diverse sia per contenuto sia per forma.
In realtà l'unico punto fermo di Alexanderplatz nell'intero Novecento è stata la stazione, ferroviaria, metropolitana e sopraelevata, snodo tra treni urbani ed extraurbani, tram, autobus e pedoni. La stazione, nata a fine Ottocento, era dotata di una tipica copertura a volta, non troppo diversa da quella di oggi, e sin da allora consentiva il collegamento diretto tra treni e tram. Pochi anni prima della Grande Guerra fu aggiunta la fermata sottorranea della metropolitana, e dal 1926 la stazione di Alexanderplatz, dotata di sistemi modernissimi di transito e di passaggi sotterranei e sopraelevati in grado di collegare tutti i sistemi di trasporto pubblico, poteva essere considerata la principale stazione cittadina della capitale tedesca e una delle più funzionali al mondo. La ricostruzione degli anni Sessanta, operata dagli architetti Hans Joachim May e Günter Andrich portò alla creazione di nuove coperture, di nuovi passaggi pedonali e di scale mobili. Negli anni Novanta si è provveduto soprattutto alla manutenzione, alla pulizia e alla messa a norma degli ambienti esistenti, per un nodo in grado di accogliere anche trecentomila viaggiatori al giorno e che in pratica sviluppa banchine di scambio tra una linea regionale, quattro linee metropolitane sotterranee (U-Bahn) e cinque linee metropolitane di superficie (S-Bahn). Per il futuro, ancor prima dell'attuazione degli interventi architettonici progettati da Hans Kollhoff, sono stati predisposti alcuni radicali cambiamenti interni, anche perché l'esterno della stazione è stato giustamente vincolato come bene architettonico e culturale.
L'attuale simbolo della piazza viene invece costruito negli anni Settanta, visibile da qualunque parte della metropoli, da Est come da Ovest, l'altissima, celebre e provocatoria Fernsehturm, la torre della televisione, quasi 400 metri di altezza poggiati su una singolare piattaforma a forma di losanga o di freccia. La DDR sembrò sfidare con questa costruzione le ricerche architettoniche in corso dall'altra parte e, in effetti, tutti gli interventi a scala urbana nella Berlino Est di quegli anni sono intrisi di una visione funzionalista, oltre che retorica, che non lascia spazio a storicismi o estetismi di sorta. La costruzione nella piazza dell'Hotel Berlin, alto 39 piani per oltre mille stanze, e dell'originale Weltzeituhr, un singolare orologio poligonale di metallo alto 10 metri, rientrano pienamente in questa dimensione. Alexanderplatz si merita per anni l'appellativo di orribile, ma non bisogna dimenticare che in ogni città ci sono luoghi simili, soprattutto nei pressi delle stazioni: senza andare troppo lontano, si guardi con occhi oggettivi la piazza dei Cinquecento a Roma, che pure è contornata da oggetti architettonici importanti come la stazione Termini e le rovine delle Terme di Diocleziano.
Cosa accadrà dunque della grande piazza che vide schieramenti, rivolte, riunioni, scioperi, celebrazioni? Le ristrutturazioni sono state continue negli ultimi anni, molti palazzi sono stati modificati per destinazione d'uso e altri semplicemente ripuliti, la storica Kaufhaus, che voleva essere il vanto della produttività comunista, è stata trasformata in un anello della più diffusa catena di grandi magazzini occidentale, ma per il futuro ci sono trasformazioni maggiori in vista, ancora non del tutto chiarite. Il Senato della nuova Berlino ha deciso, dopo una lunga e contestata competizione tra maestri di architettura, che seguirà i consigli di Hans Kollhoff, il berlinese autore tra l'altro della torre di Potsdamer Platz e degli edifici gemelli nella accogliente e classicissima Walter-Benjamin-Platz. Kollhoff ha posto l'argomento progettuale su un piano intensivo, senza soluzioni di continuità con la storia della città orientale, giungendo paradossalmente a una proposta urbanistica, per quanto si può intuire, di matrice newyorkese: si costruiranno dodici grattacieli di circa 150 metri, la piazza già sterminata in orizzontale si perderà anche verso l'alto, e la per ora inimmaginabile selva di cemento restituirà ad Alex, secondo gli auspici del progettista, una dimensione estetica, se non vicina agli uomini, almeno prossima al sublime.

Su Berlino in Internet:
Gallerie di immagini, http://www.stadtpanoramen.de/berlin/berlin.html
Berlino nella Wikipedia, http://it.wikipedia.org/wiki/Berlino
Il quartiere di San Nicola, http://www.berlin-nikolaiviertel.de/
Storia e notizie di Berlino, http://userpage.chemie.fu-berlin.de/adressen/berlin.html
Tutto su Alex, http://www.nickelartist.de/coppermine/

In libreria:
G. Trebbi, La ricostruzione di una città: Berlino 1945-1975, Mazzotta 1978
A. Richie, Berlino. Storia di una metropoli, Mondadori 2003
A. Maglio, Berlino prima del muro. La ricostruzione degli anni 1945-1961, Hevelius 2003
Brian Ladd, The Ghosts of Berlin: Confronting German History in the Urban Landscape, University of Chicago Press 1998
DDR Design, Taschen 2004