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BERLIN BERLIN
sei passeggiate nella nuova capitale tedesca
pubblicate per European Art Magazine http://www.eartmagazine.com

1 Per non dimenticare
2 Tra Parigi e Potsdam
3 Nel cuore ritrovato
4 Sotto la cupola di vetro
5 Da proletari a borghesi
6 Attraversando la città di terra e di acqua




2. TRA PARIGI E POTSDAM
di Andrea Bonavoglia


Sono intitolate a Parigi e a Potsdam due grandi piazze di Berlino, la prima ben nota in tutto il mondo per aver rappresentato con la Porta di Brandeburgo il simbolico confine tra Est e Ovest, la seconda per essere diventata, dopo decenni di abbandono, l'immagine architettonica della rinascita della nuova-vecchia capitale tedesca. Le due piazze distano poche centinaia di metri, oggi come un tempo sono collegate da comode strade e ampi marciapiedi e una folla variopinta di turisti le visita e le fotografa incessantemente. Il contrasto è davvero impressionante, se si ricorda che per decenni la separazione politica le aveva trasformate in luoghi impraticabili e invisibili, la Pariser Platz, a Est, a fare da sfondo alla Porta presidiata dai carri armati sovietici e la Potsdamer Platz, a Ovest, ridotta a zona di rispetto, un terreno incolto di deprimente malinconia.

Nel dopoguerra, la Berlino occidentale si era trovata priva di un vero centro e lo aveva inventato nella vasta zona commerciale del Kurfürstendamm, tra la stazione ferroviaria del Giardino Zoologico, la Breitscheidplatz con le drammatiche rovine della Kaiser Wilhelm-Gedächtnis Kirche e la Wittenbergplatz, caratterizzata dal lussuoso palazzo dei Grandi Magazzini d'Occidente, il Ka-De-We. La Berlino orientale invece aveva inglobato il Berlin-Mitte, il quartiere storico che dal XVIII secolo comprendeva i centri del potere, come lo Stadtschloss, residenza reale, il Duomo, il Municipio, i principali edifici di cultura concentrati intorno all'isola detta dei Musei e le aree popolari intorno ad Alexanderplatz. Nel 1945 gran parte di questi edifici, a Ovest come a Est, versava in condizioni miserevoli per gli spaventosi danni inferti dai bombardamenti aerei e dalle battaglie terrestri.


Pariser Platz

All'indomani della riunificazione, negli anni Novanta del XX secolo, i berlinesi decidono di ricostruire il tessuto urbano distrutto, quasi sempre mantenendo una qualche coerenza col passato. E laddove si sceglie di creare qualcosa di completamente nuovo, i piani urbanistici, redatti da architetti di rango, impongono determinate regole e determinati princìpi progettuali. La Pariser Platz riprende la struttura e la volumetria dei tempi della sua fondazione nel XVIII secolo, una piazza-salotto aperta a oriente verso il grande boulevard Unter den Linden e a occidente, attraverso le colonne della Porta di Brandeburgo costruita nel 1788, verso l'immenso Tiergarten, l'antica riserva di caccia fuori le mura, oggi vero e proprio Central Park di Berlino.

Gli edifici della Pariser Platz sono nuovi, ma in parte riprendono il loro antico posto: è il caso dell'Akademie der Künste, progettata da Günter Behnisch e Manfred Sabatke e inaugurata nella primavera del 2005 (vedi figura), dell'ambasciata di Francia di Christian de Portzamparc e del lussuosissimo e storico Hotel Adlon, ricostruito "com'era" prima dei bombardamenti dal gruppo Patzschke, Klotz & Co.

Gli altri nuovi palazzi che si affacciano sulla piazza sono, a destra entrando dalla Porta, la Haus Sommer, disegnata da Josef Paul Kleihues per la Rheinische Hypothenbank, l'ambasciata degli USA ancora in costruzione progettata dallo studio Moore, Ruble & Yudell, la sede della Deutsche Genossenschaft Bank firmata da Frank Owen Gehry, l'Accademia e l'albergo; a sinistra sono stati costruiti uffici e residenze prestigiose, nell'ordine la Liebermann Haus ancora di J. P. Kleihues per la Landesbank Berlin, la sede della Dresdner Bank opera del gruppo Gerk, Marg & Partner, la citata ambasciata di Francia e un palazzo a destinazione mista di Ortner & Ortner.

La presenza altamente simbolica in questo sito delle ambasciate dei paesi alleati che occuparono la Germania durante gli anni della Guerra Fredda, è completata da quella inglese, opera di Michael Wilford, che confina con l'Adlon e ha la facciata sulla Wilhelmstrasse, e da quella russa, ex-sovietica, più volte ingrandita e rimaneggiata, che si trova su Unter den Linden poche decine di metri prima della Pariser Platz. Le nuove ambasciate nella nuova Berlino hanno rappresentato di fatto uno stupefacente banco di prova e, se si vuole, di competizione tra i più noti architetti del mondo. Sono state edificate o riedificate in quartieri storici, oppure inserite in contesti architettonici appositamente definiti dal governo locale; molte quindi si trovano nel settore orientale, altre in spazi nuovi, di norma aperti, come gli ampi viali intorno al Tiergarten. In attesa di poter vedere l'effettiva realizzazione dell'ambasciata statunitense, che ha subìto ritardi legati anche a problemi di sicurezza, nella Pariser Platz l'ambasciata di Francia, che si specchia nei grandi cristalli dell'accademia di Behnisch e nella apparente classicità della banca di Gehry, propone all'esterno una facciata in chiaroscuro, nitida ed elegante e all'interno spazi luminosi e aperti, dal sofisticato arredo.

Più insolita, ma in linea con l'attuale tendenza berlinese ai prospetti vetrati, l'Accademia di Behnisch si presenta come un contenitore trasparente, in qualche modo simile a un edificio di spettacolo, come un teatro o un cinema. L'ingresso ha il pavimento in salita e una vasta superficie libera con una accogliente libreria e un caffè. I piani superiori, dove si trovano le sale espositive, una biblioteca aperta al pubblico e gli uffici, si affacciano in parte sulla hall; nel grande complesso sono anche stati conservati e restaurati alcuni ambienti e infrastrutture della vecchia accademia, sopravvissuti alle bombe. L'edificio distrutto risaliva all'inizio del Novecento, quando Ernst von Ihne aveva ristrutturato e ingrandito un palazzo residenziale del Settecento per farne l'Accademia delle Arti. Nel 1937 l'architetto di Hitler, Albert Speer, si era installato qui con la sua "Generalbaudirektion" (ufficio direttivo per l'architettura).

L'Accademia confina con la Banca di Gehry, l'architetto americano universalmente noto per il Museo Guggenheim di Bilbao e per le sue invenzioni sorprendenti e paradossali, spesso ironiche. Qui l'esterno dell'edificio, anche nel retro residenziale che si affaccia sul Monumento per l'Olocausto, è regolare, simmetrico, quasi banale viste le tendenze stilistiche di Gehry. Non possono passare inosservati tuttavia l'uso e la politezza dei materiali, in particolare della pietra di Vicenza, la stessa di Palladio, e la particolare enfasi sul telaio d'acciaio delle finestre aggettanti nella facciata posteriore. 

L'interno del palazzo, che oltre alla banca ospita al piano sotterraneo un casinò e sul retro una quarantina di appartamenti, è sorprendente: il visitatore si trova in un vasto cortile coperto che non sembra appartenere al palazzo in cui è entrato. Le due quiete facciate in realtà chiudono tra di loro, quasi serrandolo, un interno viceversa imprevedibile, coperto da una rete metallica che sembra espandersi come una ragnatela su una superficie di quasi 2000 metri quadrati. Al centro, raggiungibile con delle passarelle, una sala per conferenze esternamente di acciaio e internamente di legno sembra fluttuare tra il piano terreno e il piano sotterraneo, e presenta la forma del tutto spiazzante di un gigantesco pesce. Altre due grandi membrane sono usate per separare la banca dal casinò e dalla zona residenziale.

Si manifesta ancora una volta nell'arte di Gehry il contrasto tra masse opache e superfici trasparenti: l'edificio chiude in se stesso, come una scatola rigida e monumentale, la fantasia e l'ariosità della vita. Sicuramente, un'analisi approfondita del progetto porterebbe a una lunga e complessa elencazione e definizione di elementi costitutivi, spesso d'acciaio e spesso legati a una visione plastica dell'architettura, con connotazioni high-tech, che ha pochi confronti nella produzione mondiale odierna.


Potsdamer Platz

Spostandoci verso Sud, passata la Porta e imboccata la Ebertstrasse che costeggia il citato Monumento agli ebrei assassinati, ci troviamo in una zona ancora in parte in costruzione, destinata alle rappresentanze nella capitale dei vari länder federali. In costruzione è anche la ottagonale Leipziger Platz, secondo un piano urbanistico firmato dal compianto Aldo Rossi, accanto alla Potsdamer Platz. In realtà, quest'ultimo nome viene popolarmente esteso a una vasta area intorno alla piazza vera e propria, caratterizzata da attività commerciali, ricreative e di rappresentanza.

Qui ormai da qualche anno molti berlinesi e molti visitatori si ritrovano per lo shopping negli oltre cento negozi delle Arkaden, per il cinema nelle otto sale sotterranee del Sony Center e dell'Imax o per uno snack in uno dei tanti posti di ristoro. La Potsdamer Platz è sede di un gran numero di uffici, popolata quindi da migliaia di impiegati e destinata, se i prezzi proibitivi non impediranno la vendita o l'affitto degli appartamenti, ad ospitare anche una notevole componente residenziale. Le infrastrutture di cui è dotata quest'area sono in parte nuove, come la grande stazione della metropolitana e delle ferrovie regionali e la galleria automobilistica che, passando sotto il Tiergarten, la collegherà ai quartieri settentrionali. Le strade interne sono di larghezza limitata e non consentono, volutamente, alte velocità alle automobili, mentre è molto più comoda la vita dei pedoni, che trovano marciapiedi, panche e percorsi coperti disegnati apposta per le loro esigenze in tutte le stagioni.

Da quando il progetto del nuovo quartiere è stato reso pubblico sono trascorsi più di 10 anni. La superficie interessata era di circa 150.000 metri quadrati, vale a dire 15 ettari un tempo abbandonati a ridosso del muro e confinanti con le straordinarie emergenze, datate anni Sessanta, della Philarmonie e della Biblioteca di Hans Scharoun e della Neue Nationalgalerie di Ludwig Mies van der Rohe. Internamente è stata divisa, per la progettazione, in quattro settori intitolati alle ditte che vi hanno profuso impegno e denaro:
* l'area Debis, di quasi 7 ettari, è della Daimler Benz ed è stata affidata come impianto urbanistico a Renzo Piano e a Christoph Kohlbecker, come architetture agli stessi e anche a Richard Rogers, Arata Isozaki, Hans Kollhoff, Joséf Rafael Moneo;

* l'area Sony Center, di quasi 3 ettari, comprende il palazzo della Sony, il Museo e il Palazzo del cinema, alcune sale di proiezione, altri palazzi di residenze e di uffici, tra cui il grattacielo delle Ferrovie Tedesche; è caratterizzata dalla piazza coperta da un tendone obliquo di quattromila metri quadrati, opera di Helmut Jahn;
* l'area Asea Brown Boveri, di un ettaro e mezzo, è stata affidata a Giorgio Grassi, autore anche dei progetti, per case e uffici, insieme a Diener, Schweger e Sawade;

* l'area Lennè Dreieck, di 2 ettari e mezzo, è ancora parzialmente in costruzione e comprende varie banche e alberghi firmati da Kollhoff & Timmermann, da Hilmer & Salmerg e da altri.

Si arriva in Potsdamer Platz e sembra di essere in un luogo a metà tra esibizionismo consumista e pura ricerca architettonica. La critica militante ha spesso commentato con asprezza l'eccessiva saturazione e commercializzazione di queste superfici un tempo vuote, ma anche, qualche tempo prima, egualmente piene. La memoria della quarantennale separazione di due città che erano una città, secondo questo punto di vista, non dovrebbe essere cancellata o, forse, lo potrebbe con mezzi meno pacchiani e più sobri nella forma. E' soprattutto l'apparente americanizzazione del tessuto urbano a determinare queste critiche: Berlino, capitale e cuore della Mittel Europa, non deve trasformarsi in una New York tedesca. D'altro canto, nessuna città occidentale ha potuto vivere un simile festival di sperimentazione e di innovazione architettonica, non lasciato alla libertà dei singoli, ma controllato con estrema cura dall'amministrazione locale, i cui esiti sono complessivamente e letteralmente straordinari. Difficile trovare un nome di un grande architetto che non abbia lavorato a Berlino in questi ultimi 20 anni!

Nella Potsdamer Platz almeno due progetti sono davvero memorabili, il grattacielo di Kollhoff dalla matrice classicista e profondamente berlinese e il singolare e popolare tendone di Jahn, opere che si sono rivelate un riferimento formale non solo per altre rilevanti architetture internazionali, ma anche per interventi locali di progettazione e ristrutturazione.


Hans Kollhoff è un personaggio fuori dagli schemi nel panorama dei maggiori architetti mondiali. Nato in Turingia nel 1946, è stato allievo di Hans Hollein e dal 1978 lavora a Berlino. Nelle sue conferenze e nei suoi testi Kollhoff, che è anche docente di progettazione a Zurigo, adotta un particolare sottotono e sembra voler restituire all'architettura quelle funzioni eminentemente pratiche e utilitaristiche che molto decostruttivismo e postmodernismo le negano, nel nome di pretesi contenuti simbolici, concettuali o tecnologici. Lo stile di Kollhoff è quindi massiccio, solido, e in questa chiave si potrebbe forse ricollegare, oltre che alla tradizione prussiana, alle tendenze della Chicago di fine Ottocento e dei suoi primi grattacieli. I rivestimenti usati sono poi parte integrante della sua eleganza, piastrelle o intonaci colorati di gusto quasi rinascimentale, che donano lucidità e nettezza alle forme squadrate dei suoi edifici. Il grattacielo Daimler Chrysler a Berlino, detto anche la Kollhoff-Tower, concluso nel 1999 e alto 100 metri, si staglia come un articolato pilastro all'ingresso dell'area della Potsdamer Platz, in mezzo alle torri di Renzo Piano e di Helmut Jahn, e rappresenta un segno tangibile della semplicità e della forza espressiva che ancora oggi possono ottenere scelte formali desunte dalla tradizione. Levigato e semplice nella regolarità delle ampie finestre aperte sui piani di facciata, colorato dalle ceramiche marroni legate alla tradizione cromatica berlinese, il palazzo si armonizza con tutti gli altri elementi del grande complesso urbanistico e ne diventa in qualche modo un perno, per nulla enfatico e del tutto essenziale.

Le tre torri che creano una simbolica porta d'ingresso del nuovo quartiere verso Berlin-Mitte si trovano ciascuna sul bordo di un progetto molto più ampio ed esteso. La massiva torre di Kollhoff al centro e a sinistra quella di Piano, dal bordo tagliente e trasparente, chiudono l'articolata sequenza degli uffici della Daimler, aperta verso il Landwehrkanal e verso la Neue Nationalgalerie da un altro grattacielo sempre di Piano. A destra la torre delle Ferrovie Tedesche sembra fare da contraltare visivo alla torre di Kollhoff; è la popolarissima DB-Tower dalla volumetria suggestivamente curva e totalmente vetrata, appartenente al Sony Center di Helmut Jahn, dal punto di vista turistico la principale attrazione della nuova Potsdamer Platz.

Il tendone immenso di oltre 4000 metri quadrati che copre il Forum, la piazza nella quale si affacciano ristoranti, caffè, uffici, negozi e un drammatico frammento architettonico, la Kaisersaal in puro Jugendstil del distrutto Hotel Esplanade, appositamente portata qui (si trovava a 70 metri di distanza), rappresenta il fatto tecnico più ardito dell'intero quartiere. Jahn, americano di origine tedesca, nato a Norimberga nel 1940 e laureato a Chicago, non è nuovo a queste imprese un po' circensi. Nella sua lunga e intensissima carriera, ha costruito grandi infrastrutture in tutte le parti del mondo e a Monaco di Baviera ha progettato un aeroporto che in buona parte risulta coperto da avveniristiche tende di vetro; qui a Berlino è anche l'autore del nuovo centro commerciale, naturalmente trasparente, vetratissimo e dai contorni affilati che, circondando lo storico caffè Kranzler, ha scandalizzato i vecchi berlinesi.

Nel Sony Center, Jahn ha affrontato, con l'aiuto tecnico di Werner Sobek, un tema urbano millenario, la piazza, e ne ha dato una versione fortissima e colossale, inoltrandosi in una dimensione stilistica che ancora deve essere catalogata dai critici e dagli storici. Jahn stesso parla di entertainment e di virtualità, e forse la sua architettura rappresenta il primo autentico esempio della maniera del XXI secolo, laddove la televisione, il cinema, lo spettacolo, la folla, i reality-show, sono protagonisti e artefici di strutture promiscue, accoglienti, caotiche, inutili. La piazza di Jahn è di fatto un teatro cosmopolita, le cui quinte sono le facciate interne di palazzi commerciali, enormi schermi sovrastanti gli attori, che sono gli spettatori stessi. Fatta di vetro e acciaio, a forma di imbuto rovesciato e inclinato sul proprio asse di simmetria, la copertura del forum è un miracolo tecnico legato soprattutto all'uso di vetri laminati, tenuti insieme da un anello d'acciaio alla base e da un cono in cima. La copertura diventa allora l'architettura per eccellenza, che copre e ripara dal sole o dalla pioggia e che, cambiando colore sia per il variare delle ore e del clima sia per un giocoso sistema di illuminazione elettrica, desta la sorpresa e l'ammirazione della folla.



Su Berlino in Internet

Old Berlin City Map-Archive. Collezione di mappe storiche della città
http://www.alt-berlin.info/pages/
Immagini del muro
http://www.cs.utah.edu/~hatch/berlin_wall.html
Potsdamer Platz
http://www.potsdamer-platz.net/index.php
L'architettura della nuova Berlino
http://www.viaggio-in-germania.de/berlino-arch.html
Andrea Bonavoglia, Berlin Berlin
http://www.bta.it/txt/a0/03/bta00355.html

Su Berlino in libreria

G. Trebbi, La ricostruzione di una città: Berlino 1945-1975, Mazzotta 1978

M. Kieren, New Architecture, Berlin 1990-2000, Jovis 1997

Berlin: offene Stadt, Nicolai 2001

M. Del Vecchio, D. Fondi (a cura di), Ricognizioni berlinesi, oltre il muro, Kappa 2001

A. Richie, Berlino. Storia di una metropoli, Mondadori 2003

A. Maglio, Berlino prima del muro. La ricostruzione degli anni 1945-1961, Hevelius 2003