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BERLIN BERLIN
sei passeggiate nella nuova capitale tedesca
pubblicate per European Art Magazine http://www.eartmagazine.com

1 Per non dimenticare
2 Tra Parigi e Potsdam
3 Nel cuore ritrovato
4 Sotto la cupola di vetro
5 Da proletari a borghesi
6 Attraversando la città di terra e di acqua





1. PER NON DIMENTICARE
di Andrea Bonavoglia


Il Monumento agli ebrei d'Europa assassinati di Peter Eisenman, inaugurato a Berlino nella primavera del 2005 in occasione del 60° anniversario dell'Olocausto e della fine della seconda guerra mondiale, viene ad affiancarsi idealmente all'altra grande iniziativa realizzata nella capitale tedesca, la costruzione nel 1998 del nuovo Museo Ebraico, progettato da Daniel Libeskind. Berlino nel 2005 ha anche ospitato diverse iniziative per ricordare la Shoa, tra cui due mostre allestite nella nuova ala, firmata da I. Pei, del Deutsches Historisches Museum, "Europas Juden im Mittelalter" ("Ebrei d'Europa nel Medioevo") e "Legalisierter Raub" ("Furto legalizzato").

I lavori di Libeskind e Eisenman sono, anche nel panorama unico e sensazionale dell'architettura della nuova Berlino, di estremo interesse, lontani sicuramente dal razionalismo che caratterizzò gran parte del Novecento, vicini forse a un'interpretazione espressionista e drammatica dell'arte in genere. Il grande successo che riscuotono presso il pubblico, e in particolare presso i turisti, si deve probabilmente all'associazione mentale e culturale che tuttora finisce per rinchiudere la storia della Germania moderna nella storia del Nazismo. Per questo motivo possono passare quasi sotto silenzio, a livello internazionale, l'inaugurazione della nuova Gemäldegalerie (Pinacoteca) nel Kultur Forum e il restauro dello storico, centralissimo quartiere di Nicolai, mentre destano clamore e attenzione in tutto il mondo le realizzazioni di un Museo e di un Monumento dedicati allo sterminio degli ebrei.

Daniel Libeskind, oggi settantenne, è un polacco di nascita che ha scelto di diventare dapprima tedesco e poi americano, ed è anche un giovane musicista di sicuro avvenire che ha scelto di diventare architetto; la sua attuale fama è legata al progetto vincitore del concorso per la ricostruzione del WTC di New York. Qui a Berlino per la pianta del nuovo Museo Ebraico, sua prima grande realizzazione, ha immaginato una saetta, un fulmine, una gigantesca scarica elettrica a forma di zigzag, una linea a suo dire derivata dalla stella di Davide; nel grande volume creato su questo zigzag nulla ha l'aspetto consueto di una parete, di una finestra, di un cortile. Le simbologie e i numeri usati come elementi generatori, secondo un metodo caro tanto alla cultura ebraica quanto a quella musicale, si perdono sicuramente nella normale utilizzazione dell'architettura, ma contribuiscono al carico di fascinazione e di mistero. L'allestimento del museo, nei piani superiori piuttosto abbondante e ricco di oggetti ed immagini legati a una chiara vocazione didattica e informativa, ha nascosto e mascherato molte scelte spaziali, ma non ha cancellato l'aura che avvolge e penetra l'edificio. Dal piano sotteraneo, dove si trovano spazi di informazione e di incontro, si accede a una torre vuota e a un giardino, che quindi fuoriescono a livello del terreno senza essere accessibili dall'esterno; la Torre commemora l'Olocausto, un vuoto della ragione tagliato da ferite luminose, e il Giardino con i suoi 49 pilastri cavi di cemento, disposti su una griglia inclinata e ricolmi di terra per nutrire gli alberi d'olivo piangente piantati dentro, ricorda l'Esilio. Questa idea di oggetti geometrici disposti regolarmente a formare stretti percorsi che appaiono labirintici, ma che sono in realtà del tutto aperti, è la stessa di Eisenman nel suo Monumento.

Al piano terra del Museo si propone il vuoto come esposizione; spazi obliqui e tagliati da aperture irregolari conducono a uno stretto cortile chiuso tra pareti di cemento. Percorrendo il vuoto della galleria, un rumore misterioso e spiacevole può accogliere i visitatori, come di ferraglia lavorata in una fabbrica. Poco oltre, nel cortile, una singolarissima opera, "Shalechet" ("Foglie cadute" in ebraico) di Menashe Kadishman, svela il mistero di quel rumore, prodotto da altri eventuali visitatori, invitati dai cartelli a utilizzare l'opera camminandoci sopra. Sono centinaia di tondeggianti pezzi di ferro, forati per creare la traccia infantile di un viso sofferente e buttati per terra come foglie, per ricoprire più volte, su più strati, la superficie del cortile: un'immagine terribile e inquietante del dolore e un modo inusuale di fruire di un'opera d'arte.

Il Museo di Libeskind rappresenta l'ingrandimento di una struttura culturale già esistente, fondata nel 1962 e ospitata in un edificio ottocentesco piuttosto anonimo, che oggi funziona da ingresso e da spazio per esposizioni temporanee; il contrasto tra quella semplice facciata e le lucide pareti metalliche, incise dalle aperture oblique, del nuovo edificio, è fortissimo e rientra nella forza espressiva del progetto. Siamo nel quartiere di Kreuzberg, non lontani dalla piazza dedicata al ponte aereo che nel dopoguerra salvò la città dall'assedio sovietico.

Per trovare il Monumento di Eisenman dobbiamo invece spostarci nel pieno centro della città, o meglio in una di quelle zone che si possono definire di particolare importanza a Berlino, città che sta obbligando gli studiosi a ridefinire alcuni presupposti della scienza urbanistica. L'area e il monumento da poco terminato sono il frutto di un dibattito politico, culturale e artistico che ebbe inizio nel 1983 e che sicuramente non si è ancora concluso. Senza entrare nel dettaglio di una storia complessa e intricata tanto per la scelta del sito, quanto per la scelta del monumento stesso, basti ricordare che il progetto vincitore dell'ultimo concorso, nel 1997, portava la firma non solo di Eisenman, ma anche di Richard Serra e che quest'ultimo rinunciò all'incarico nel 1998. Altri cinque anni di polemiche e di compromessi dovevano passare prima che il tenace Eisenman, che oggi ha 73 anni, potesse vedere l'inizio dei lavori nell'area occupata in epoca nazista dai giardini del Ministero degli Interni, a pochi passi dagli scomparsi centri del potere hitleriano e praticamente sul retro della ricostruita Pariser Platz, la piazza simbolo di Berlino, dove si trova la Porta di Brandeburgo e dove gli americani stanno costruendo la loro nuova ambasciata.

Si può entrare nel Monumento quando e dove si vuole, non ci sono cancelli; potrà dare fastidio, a volte, che qualche visitatore corra o scherzi dentro questo luogo inquietante che a volte rimanda a un labirinto, senza esserlo affatto, più spesso a un cimitero le cui normali strutture si stringano intorno a noi, ma è nella normalità delle cose che ciò accada. I visitatori diventano parte dell'opera e reciproco riferimento visivo.

Ma si tratta di una scultura o di un'architettura? Eisenman, architetto di fama sin dalla sua inclusione nei Five Architects di New York, e saggista teorico di profonda capacità analitica, ha spesso dichiarato la sua ammirazione per Adolf Loos; qui forse ha voluto costruire un luogo che corrispondesse alla perentoria affermazione di Loos nel celebre saggio "Architettura" del 1910: "Solo una piccola parte dell'architettura appartiene all'arte: il cimitero e il monumento" ( "Nur ein ganz kleiner Teil der Architektur gehört der Kunst an: das Grabmal und das Denkmal").

Una superficie di due ettari non può essere la base di una scultura e una scultura non può possedere mille vedute interne e mille vedute esterne; nonostante le indicazioni di qualche guida turistica o di qualche interprete superficiale, allora, il Monumento di Eisenman è senza alcun dubbio una geniale, discutibile, controversa e memorabile opera di architettura, costruita nel centro della capitale della nuova Germania e costituita da una selva di parallelepipedi di cemento grigio distribuiti su una griglia ortogonale di vicoli percorribili solo a piedi. La pianta del monumento presenta infatti uno schema regolare a scacchiera, come la pianta di certe antiche città greche e romane o di molte moderne città americane. Non è per nulla regolare invece l'andamento verticale, perchè le stele, tutte uguali alla base, sono tutte diverse per l'altezza e per la lieve inclinazione, creando così una forma globale imprevedibile e tormentata. Anche i vicoli, di eguale larghezza, pavimentati da grigi cubetti stesi regolarmente, non sono piani, ma si inclinano senza logica apparente, giungendo a sprofondare nel terreno in corrispondenza delle stele più alte. In un livello sotterraneo è inoltre ospitata la Fondazione che si occupa di catalogare e censire i nomi di tutti gli ebrei sterminati dalla follia nazista.

Alcuni numeri possono fornire una pallida indicazione sulla singolarità di questa costruzione: la superficie è esattamente di 19.073 metri quadrati; il primo progetto firmato da Eisenman e Serra prevedeva 4200 stele, il progetto realizato 2711; le stele sono di calcestruzzo, prodotto in modo tale da garantire una facile pulizia della superficie esterna, larghe alla base 95 centimetri, lunghe 2 metri e 38, alte da zero fino a 4 metri e 70, inclinate tra 0,5 e 2 gradi; il peso medio di una stele è di 8 tonnellate; i vicoli sono 54 in direzione nord-sud e 87 in direzione est-ovest; l'illuminazione è fornita da 180 lampade fisse. Sul lato della Ebertstrasse sono stati piantati 41 alberi.

Nel suo discorso all'inaugurazione del Monumento, il 10 maggio del 2005, Eisenman ha detto: "Non mi resta che tacere adesso e consegnare questo monumento al popolo tedesco, adesso e per il futuro, e lasciare che il vostro monumento parli a e per il popolo tedesco, e al mondo intero. Nel cuore io sono un newyorkese, ma da oggi parte della mia anima resterà per sempre qui a Berlino" ("For now it remains for me to become silent, to give this memorial to the German people, now and in the future, and to let your memorial speak to and for the German people and to the world. At heart I am a New Yorker, but from today, part of my soul will always remain here in Berlin").



Indirizzi:

Jüdisches Museum
Berlin-Kreuzberg, Lindenstrasse,

Denkmal für die ermordeten Juden Europas
Berlin-Mitte, Hannah-Arendt-Strasse


Notizie sul web:

http://www.stiftung-denkmal.de/ Sito ufficiale della Fondazione del Monumento
Denkmal für die ermordeten Juden Europas
in Wikipedia
http://www.galinsky.com/buildings/jewishmuseum/ Sito dedicato al Museo Ebraico

http://architettura.supereva.com/sopralluoghi/20000924/ Museo ebraico a Berlino, di Matteo Zambelli

http://www.ilmanifesto.it/g8/dopogenova/428375a797069.html Una selva di cemento in ricordo della shoah, di Rossella Martinelli


Bibliografia minima di riferimento su Libeskind e Eisenman:

Livio Sacchi, Daniel Libeskind. Museo ebraico, Berlino, 1998, Ed. Testo & Immagine

Attilio A. Terragni, Daniel Libeskind. Oltre i muri, 2002, Ed. Testo & Immagine

Bernhard Schneider e Daniel Libeskind, Daniel Libeskind Jewish Museum Berlin: Jewish Museum Berlin : Between the Lines, 2000, Ed. Prestel

Andri Gerber, Peter Eisenman, 2004, Ed. Edilstampa

Luca Galofaro, Eisenman digitale. Uno studio dell'era elettronica, 1999, Ed. Testo & Immagine

Peter Eisenman. Contropiede, 2005, Ed. Skira

Peter Eisenman. Opere e progetti, 1993, Ed. Electa Mondadori