Il Monumento agli ebrei d'Europa assassinati di Peter
Eisenman, inaugurato a Berlino nella primavera del 2005 in
occasione del 60° anniversario dell'Olocausto e della fine della
seconda guerra mondiale, viene ad affiancarsi idealmente all'altra
grande iniziativa realizzata nella capitale tedesca, la costruzione
nel 1998 del nuovo Museo Ebraico, progettato da Daniel
Libeskind. Berlino nel 2005 ha anche ospitato diverse iniziative
per ricordare la Shoa, tra cui due mostre allestite nella nuova ala,
firmata da I. Pei, del Deutsches Historisches Museum, "Europas
Juden im Mittelalter" ("Ebrei d'Europa nel
Medioevo") e "Legalisierter Raub" ("Furto
legalizzato").
I lavori di Libeskind e Eisenman sono, anche nel panorama unico e
sensazionale dell'architettura della nuova Berlino, di estremo
interesse, lontani sicuramente dal razionalismo che caratterizzò
gran parte del Novecento, vicini forse a un'interpretazione
espressionista e drammatica dell'arte in genere. Il grande successo
che riscuotono presso il pubblico, e in particolare presso i turisti,
si deve probabilmente all'associazione mentale e culturale che
tuttora finisce per rinchiudere la storia della Germania moderna
nella storia del Nazismo. Per questo motivo possono passare quasi
sotto silenzio, a livello internazionale, l'inaugurazione della nuova
Gemäldegalerie (Pinacoteca) nel Kultur Forum e il
restauro dello storico, centralissimo quartiere di Nicolai, mentre
destano clamore e attenzione in tutto il mondo le realizzazioni di un
Museo e di un Monumento dedicati allo sterminio degli ebrei.
Daniel Libeskind, oggi settantenne, è un polacco di nascita
che ha scelto di diventare dapprima tedesco e poi americano, ed è
anche un giovane musicista di sicuro avvenire che ha scelto di
diventare architetto; la sua attuale fama è legata al progetto
vincitore del concorso per la ricostruzione del WTC di New York. Qui
a Berlino per la pianta del nuovo Museo Ebraico, sua prima grande
realizzazione, ha immaginato una saetta, un fulmine, una gigantesca
scarica elettrica a forma di zigzag, una linea a suo dire derivata
dalla stella di Davide; nel grande volume creato su questo zigzag
nulla ha l'aspetto consueto di una parete, di una finestra, di un
cortile. Le simbologie e i numeri usati come elementi generatori,
secondo un metodo caro tanto alla cultura ebraica quanto a quella
musicale, si perdono sicuramente nella normale utilizzazione
dell'architettura, ma contribuiscono al carico di fascinazione e di
mistero. L'allestimento del museo, nei piani superiori piuttosto
abbondante e ricco di oggetti ed immagini legati a una chiara
vocazione didattica e informativa, ha nascosto e mascherato molte
scelte spaziali, ma non ha cancellato l'aura che avvolge e penetra
l'edificio. Dal piano sotteraneo, dove si trovano spazi di
informazione e di incontro, si accede a una torre vuota e a un
giardino, che quindi fuoriescono a livello del terreno senza essere
accessibili dall'esterno; la Torre commemora l'Olocausto, un vuoto
della ragione tagliato da ferite luminose, e il Giardino con i suoi
49 pilastri cavi di cemento, disposti su una griglia inclinata e
ricolmi di terra per nutrire gli alberi d'olivo piangente piantati
dentro, ricorda l'Esilio. Questa idea di oggetti geometrici disposti
regolarmente a formare stretti percorsi che appaiono labirintici, ma
che sono in realtà del tutto aperti, è la stessa di
Eisenman nel suo Monumento.
Al piano terra del Museo si propone il vuoto come esposizione;
spazi obliqui e tagliati da aperture irregolari conducono a uno
stretto cortile chiuso tra pareti di cemento. Percorrendo il vuoto
della galleria, un rumore misterioso e spiacevole può
accogliere i visitatori, come di ferraglia lavorata in una fabbrica.
Poco oltre, nel cortile, una singolarissima opera, "Shalechet"
("Foglie cadute" in ebraico) di Menashe Kadishman, svela il
mistero di quel rumore, prodotto da altri eventuali visitatori,
invitati dai cartelli a utilizzare l'opera camminandoci sopra. Sono
centinaia di tondeggianti pezzi di ferro, forati per creare la
traccia infantile di un viso sofferente e buttati per terra come
foglie, per ricoprire più volte, su più strati, la
superficie del cortile: un'immagine terribile e inquietante del
dolore e un modo inusuale di fruire di un'opera d'arte.
Il Museo di Libeskind rappresenta l'ingrandimento di una struttura
culturale già esistente, fondata nel 1962 e ospitata in un
edificio ottocentesco piuttosto anonimo, che oggi funziona da
ingresso e da spazio per esposizioni temporanee; il contrasto tra
quella semplice facciata e le lucide pareti metalliche, incise dalle
aperture oblique, del nuovo edificio, è fortissimo e rientra
nella forza espressiva del progetto. Siamo nel quartiere di
Kreuzberg, non lontani dalla piazza dedicata al ponte aereo che nel
dopoguerra salvò la città dall'assedio sovietico.
Per trovare il Monumento di Eisenman dobbiamo invece spostarci nel
pieno centro della città, o meglio in una di quelle zone che
si possono definire di particolare importanza a Berlino, città
che sta obbligando gli studiosi a ridefinire alcuni presupposti della
scienza urbanistica. L'area e il monumento da poco terminato sono il
frutto di un dibattito politico, culturale e artistico che ebbe
inizio nel 1983 e che sicuramente non si è ancora concluso.
Senza entrare nel dettaglio di una storia complessa e intricata tanto
per la scelta del sito, quanto per la scelta del monumento stesso,
basti ricordare che il progetto vincitore dell'ultimo concorso, nel
1997, portava la firma non solo di Eisenman, ma anche di Richard
Serra e che quest'ultimo rinunciò all'incarico nel 1998.
Altri cinque anni di polemiche e di compromessi dovevano passare
prima che il tenace Eisenman, che oggi ha 73 anni, potesse vedere
l'inizio dei lavori nell'area occupata in epoca nazista dai giardini
del Ministero degli Interni, a pochi passi dagli scomparsi centri del
potere hitleriano e praticamente sul retro della ricostruita Pariser
Platz, la piazza simbolo di Berlino, dove si trova la Porta di
Brandeburgo e dove gli americani stanno costruendo la loro nuova
ambasciata.
Si può entrare nel Monumento quando e dove si vuole, non ci
sono cancelli; potrà dare fastidio, a volte, che qualche
visitatore corra o scherzi dentro questo luogo inquietante che a
volte rimanda a un labirinto, senza esserlo affatto, più
spesso a un cimitero le cui normali strutture si stringano intorno a
noi, ma è nella normalità delle cose che ciò
accada. I visitatori diventano parte dell'opera e reciproco
riferimento visivo.
Ma si tratta di una scultura o di un'architettura? Eisenman,
architetto di fama sin dalla sua inclusione nei Five Architects
di New York, e saggista teorico di profonda capacità
analitica, ha spesso dichiarato la sua ammirazione per Adolf Loos;
qui forse ha voluto costruire un luogo che corrispondesse alla
perentoria affermazione di Loos nel celebre saggio "Architettura"
del 1910: "Solo una piccola parte dell'architettura
appartiene all'arte: il cimitero e il monumento" ( "Nur
ein ganz kleiner Teil der Architektur gehört der Kunst an: das
Grabmal und das Denkmal").
Una superficie di due ettari non può essere la base di una
scultura e una scultura non può possedere mille vedute interne
e mille vedute esterne; nonostante le indicazioni di qualche guida
turistica o di qualche interprete superficiale, allora, il Monumento
di Eisenman è senza alcun dubbio una geniale, discutibile,
controversa e memorabile opera di architettura, costruita nel centro
della capitale della nuova Germania e costituita da una selva di
parallelepipedi di cemento grigio distribuiti su una griglia
ortogonale di vicoli percorribili solo a piedi. La pianta del
monumento presenta infatti uno schema regolare a scacchiera, come la
pianta di certe antiche città greche e romane o di molte
moderne città americane. Non è per nulla regolare
invece l'andamento verticale, perchè le stele, tutte uguali
alla base, sono tutte diverse per l'altezza e per la lieve
inclinazione, creando così una forma globale imprevedibile e
tormentata. Anche i vicoli, di eguale larghezza, pavimentati da grigi
cubetti stesi regolarmente, non sono piani, ma si inclinano senza
logica apparente, giungendo a sprofondare nel terreno in
corrispondenza delle stele più alte. In un livello sotterraneo
è inoltre ospitata la Fondazione che si occupa di catalogare e
censire i nomi di tutti gli ebrei sterminati dalla follia nazista.
Alcuni numeri possono fornire una pallida indicazione sulla
singolarità di questa costruzione: la superficie è
esattamente di 19.073 metri quadrati; il primo progetto firmato da
Eisenman e Serra prevedeva 4200 stele, il progetto realizato 2711;
le stele sono di calcestruzzo, prodotto in modo tale da garantire una
facile pulizia della superficie esterna, larghe alla base 95
centimetri, lunghe 2 metri e 38, alte da zero fino a 4 metri e 70,
inclinate tra 0,5 e 2 gradi; il peso medio di una stele è di 8
tonnellate; i vicoli sono 54 in direzione nord-sud e 87 in direzione
est-ovest; l'illuminazione è fornita da 180 lampade fisse.
Sul lato della Ebertstrasse sono stati piantati 41 alberi.
Nel suo discorso all'inaugurazione del Monumento, il 10 maggio del
2005, Eisenman ha detto: "Non mi resta che tacere adesso e
consegnare questo monumento al popolo tedesco, adesso e per il
futuro, e lasciare che il vostro monumento parli a e per il popolo
tedesco, e al mondo intero. Nel cuore io sono un newyorkese, ma da
oggi parte della mia anima resterà per sempre qui a Berlino"
("For now it remains for me to become silent, to give this
memorial to the German people, now and in the future, and to let your
memorial speak to and for the German people and to the world. At
heart I am a New Yorker, but from today, part of my soul will always
remain here in Berlin").
Indirizzi:
Jüdisches Museum,
Berlin-Kreuzberg, Lindenstrasse,
Denkmal für die ermordeten Juden Europas,
Berlin-Mitte, Hannah-Arendt-Strasse
Notizie sul web:
http://www.stiftung-denkmal.de/ Sito ufficiale della Fondazione
del Monumento
Denkmal für die ermordeten Juden Europas in Wikipedia
http://www.galinsky.com/buildings/jewishmuseum/ Sito dedicato al
Museo Ebraico
http://architettura.supereva.com/sopralluoghi/20000924/ Museo
ebraico a Berlino, di Matteo Zambelli
http://www.ilmanifesto.it/g8/dopogenova/428375a797069.html Una
selva di cemento in ricordo della shoah, di Rossella Martinelli
Bibliografia minima di riferimento su Libeskind e Eisenman:
Livio Sacchi, Daniel Libeskind. Museo ebraico, Berlino, 1998,
Ed. Testo & Immagine
Attilio A. Terragni, Daniel Libeskind. Oltre i muri, 2002, Ed.
Testo & Immagine
Bernhard Schneider e Daniel Libeskind, Daniel Libeskind Jewish
Museum Berlin: Jewish Museum Berlin : Between the Lines, 2000,
Ed. Prestel
Andri Gerber, Peter Eisenman, 2004, Ed. Edilstampa
Luca Galofaro, Eisenman digitale. Uno studio dell'era elettronica,
1999, Ed. Testo & Immagine
Peter Eisenman. Contropiede, 2005, Ed. Skira
Peter Eisenman. Opere e progetti, 1993, Ed. Electa Mondadori